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Arci/ L’irresponsabilità di Trump allontana le speranze di pace fra Israele e Palestina

di Franco Uda, responsabile nazionale Arci Pace, diritti umani e solidarietà internazionale «Grande è la confusione sotto il sole», tuttavia la situazione sembra ben lungi dall’essere eccellente! Proprio ieri Donald Trump, in una conferenza stampa singolarmente convocata prima dell’incontro alla Casa Bianca con Benjamin Netanyahu, ha liquidato con poche battute decenni di politica estera americana (Decades of Middle East diplomacy thrown away in one Trump sentence, titola magistralmente The Guardian) evidenziando - se mai ce ne fosse stato ancora bisogno - l’assoluta impreparazione e avventatezza con la quale il Presidente degli Stati Uniti tratta faccende importanti e delicate. Dichiarando sostanzialmente che per lui è indifferente se l’esito dell’annoso conflitto israelo-palestinese si raggiunge attraverso la soluzione di uno o due stati, tradisce un approccio molto più consono al best seller The art of the deal - L’arte degli affari, da lui stesso scritto, piuttosto che al senso di responsabilità che dovrebbe guidare ogni dichiarazione dell’inquilino di turno della Casa Bianca. Infatti la linea di politica estera - tanto democratica quanto repubblicana - che dagli accordi di Oslo in poi ha ispirato la Casa Bianca si rifà a una storica risoluzione delle Nazioni Unite a seguito della ‘guerra dei sei giorni’ e a una lunga e approfondita discussione internazionale a cui oramai la gran parte dei Governi mondiali fanno riferimento. Va anche detto che si tratta di una pura posizione di riferimento poiché, con l’ampliarsi dell’espansionismo israeliano attraverso l’insediamento di colonie nella West Bank, la nozione stessa dei ‘due Stati’ ha in gran parte perso il suo senso, così come gli accordi siglati nel 1993 a Oslo. Tuttavia, stante l’abnorme sproporzione di forze - militari, economiche, di relazioni internazionali - fra Israele e Palestina, se dovessero sedere a un nuovo tavolo di trattative, è ben differente se il punto di partenza è quello che riconosce a entrambi pari dignità - «due popoli, due Stati» - o se l’incipit è quello di un solo Stato. Ma anche in quest’ultimo caso Trump dimostra di non aver studiato la demografia della regione: infatti, poiché il numero dei palestinesi è di gran lunga maggiore del numero degli israeliani, il governo di Tel Aviv si troverebbe di fronte la scelta di essere o uno Stato democratico o Ebraico. Nella conferenza stampa emergono altre due cose di particolare rilevanza. La prima è la decisione di spostare a Gerusalemme l’ambasciata americana in Israele, fatto grave perchè contraddice lo status internazionalmente riconosciuto della Città Santa; l’altra è quella che affiderebbe il tavolo delle trattative a un consesso più ampio, con l’inclusione dell’Arabia Saudita, che rivela un retropensiero tutto geopolitico in funzione anti-iraniana. In questo preoccupante scenario di sostanziale indecisione da parte Usa - ma anche dello stesso governo israeliano - sulle prossime mosse il ruolo della comunità internazionale e della società civile mondiale sarà determinante: riaccendere i fari su quel che accade a due passi da casa nostra è un impegno che abbiamo assunto durante l’ultima missione in Palestina e che siamo intenzionati a non far cadere nel vuoto.

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